Secondo quanto si legge nell’Annual report on Italian SMES 2016, nel 2015 le PMI in Italia erano 3.733.146 (ben il 95% delle imprese italiane), capaci di occupare 11,3 milioni di persone ovvero il 79% della forza lavoro).
Nel bel paese, quindi, il modello di business che prevale è l’impresa familiare, nella quale il centro decisionale è rappresentato dall’imprenditore fondatore.
In Italia sono circa 80.000 gli imprenditori che annualmente si trovano ad affrontare la successione generazionale aziendale. Delle aziende interessate appena un quarto superano il primo passaggio generazionale, il 14% si ferma al secondo, solo il 5% delle imprese rimane in piedi al terzo. Il dato più allarmante di tutti, ad ogni modo, è quello che emerge nel rapporto dal titolo “Outlet Italia. Cronaca di un Paese in (s)vendita”: il 63% delle imprese che affrontano un passaggio generazionale non supera il quinto anno di attività.
Le maggiori difficoltà che un imprenditore incontra nel definire i dettagli della transizione generazionale alla guida dell’azienda di famiglia sono relative al corretto bilanciamento tra interessi aziendali e familiari. Una delicata alchimia da cui dipende la sopravvivenza dell’azienda stessa.
Ben consapevoli delle problematiche di cui discutiamo, e con il preciso scopo di evitare la dispersione di un patrimonio imprenditoriale tanto importante per il nostro Paese, le Istituzioni hanno definito agevolazioni fiscali, incentivi e norme dirette a rendere più agevole il passaggio generazionale aziendale. Tra le novità più importanti c’è l’introduzione del trust. Il trust, grazie alla sua flessibilità è un istituto giuridico capace di offrire soluzioni di compromesso tra le esigenze dell’azienda e quelle della famiglia dell’imprenditore.
Si può comprendere meglio quali siano i vantaggi derivanti dall’impiego del trust nella successione aziendale con degli esempi pratici.
Il trust come soluzione alla premorienza dell’imprenditore
Il primo caso che consideriamo è quello dell’imprenditore che muore prima che i suoi eredi siano pronti, magari per ragioni anagrafiche, alla gestione aziendale.
Lo schema che si applica vede l’imprenditore-disponente trasferire le quote societarie al trust ed al tempo stesso incaricare il trustee, nel caso di premorienza dell’imprenditore, alla nomina di un manager (che abbia i requisiti indicati nel regolamento del trust) e che consenta di traghettare l’azienda fino al momento della effettiva successione aziendale familiare.
Durante la “reggenza” aziendale ad opera del manager, per garantire ai figli la tranquillità economica, potranno essere loro distribuiti gli utili aziendali. Ciò in virtù del fatto che essi siano stati individuati quali beneficiari del reddito del trust dall’imprenditore disponente.
Quando il trust giungerà a scadenza, avendo gli eredi maturato l’esperienza richiesta, avverrà la vera e propria successione aziendale familiare. Ai figli dell’imprenditore nominati beneficiari del trust, ad esempio, tornerà il possesso delle quote azionarie con i relativi diritti di voto per una gestione consapevole e sicura dell’azienda di famiglia.
E’ il disponente a decidere il termine finale del trust, fissando una data specifica (ad esempio il diciottesimo compleanno del figlio), ovvero legando il termine ad un particolare avvenimento (ad esempio il conseguimento della laurea o la conclusione di uno stage).
Il trust come soluzione al problema della deriva generazionale
Un altro caso molto frequente è quello dell’imprenditore che abbia più figli ed eredi, ma non tutti interessati alla gestione dell’azienda di famiglia. Ci sono dunque due esigenze fondamentali da soddisfare: la prima è garantire l’unitarietà manageriale nella gestione; l’altra è assicurare che tutti i familiari godano della ricchezza generata dall’azienda.
Il pericolo che si vuole scongiurare è quello della cosiddetta “deriva generazionale”. In concreto, la progressiva crescita del numero dei soci, dovuta al naturale aumento dei rami familiari, può far scemare il senso di appartenenza delle nuove generazioni, mettendo così a rischio la sopravvivenza stessa dell’azienda di famiglia.
Mediante un trust l’imprenditore può affidare il controllo dell’impresa ad un trustee, attribuendo allo stesso il compito di nominare i manager dell’azienda, secondo criteri stabiliti dallo stesso imprenditore disponente. Questi manager possono essere ricercati sia all’interno della famiglia che all’esterno, purché i soggetti selezionati abbiano i requisiti fissati dal disponente nel regolamento del trust.
Questione diversa dalla gestione aziendale è la distribuzione degli utili. Degli stessi, infatti, potranno godere tutti i membri della famiglia che siano stati nominati beneficiari del trust.
Il trust ed il beneficio della leva fiscale
Molto interessante è anche il quadro dei vantaggi fiscali garantiti dall’impiego del trust nel passaggio generazionale in azienda:
Trasferire un’azienda in trust, quando ciò sia strumentale al liberale passaggio generazionale a discendenti o coniuge del disponente, garantirà l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, purché vengano soddisfatte le condizioni prescritte dall’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990).
- il trust deve avere una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula dell’atto di disposizione segregativa della partecipazione di controllo o dell’azienda;
- il trust non può essere di natura discrezionale o revocabile, ovvero, a titolo di esempio, non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
- il trustee deve proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per un periodo di tempo che non può essere inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento (individuabile nell’atto segregativo dell’azienda e/o delle partecipazioni) e rende, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione circa la sua volontà di proseguire l’attività di impresa (o detenere il controllo).
Per tutto quanto esposto, l’istituto del trust può certamente dirsi adatto alla gestione di un fenomeno complesso come la transizione generazionale in azienda, ciò sia dal punto di vista della salvaguardia del benessere economico e dell’armonia familiare, che dal punto di vista dell’efficienza fiscale.
Questo articolo è stato redatto dal dott. Marco Zoppi per www.familyofficer.it, organo di AIFO (Associazione Italiana Family Officer) nell’ambito del rapporto di collaborazione tra l’Associazione e Global Capital Trust, la trust company elvetica fondata e diretta dallo stesso Marco Zoppi, finalizzato alla diffusione dell’istituto del trust in Italia.