Desidero innanzitutto soffermarmi sull’importanza del fenomeno del passaggio generazionale in Italia introducendo alcuni numeri riferiti alla presenza delle PMI nel nostro Paese.
Nel 2011 i 4.422.482 di PMI in Italia costituivano il 99,92% delle imprese e occupavano quasi 17 milioni di persone, circa il 70% della forza lavoro (Istat 2011).
Il business model prevalente e rappresentato da un impresa familiare in cui la maggior parte del processo decisionale è in capo all’imprenditore fondatore. I dati offrono una puntuale analisi di questi imprenditori. Gli over 60, che si trovano quindi già nel pieno della problematica del passaggio generazionale, ricoprono cariche al vertice nel 53% delle aziende. Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico ogni anno circa 80.000 imprenditori affrontano la successione in azienda.
Le statistiche italiane confermano il quadro problematico: solo il 30% delle imprese familiari superano il primo passaggio generazionale e di queste solo il 50% vedrà una terza generazione.
Ne consegue che il problema maggiore deve essere individuato proprio nella fase del passaggio generazionale. Risulta quindi piuttosto sorprendente che di fronte a una criticità di tale portata solo il 14% delle aziende italiane dichiari di aver implementato politiche per la gestione del passaggio generazionale. Questo è il tessuto imprenditoriale in cui le istituzioni, hanno cercato di intervenire con agevolazioni fiscali, incentivi e nuove norme per facilitare il passaggio generazionale. Tra le più interessanti novità legislative, in questo senso, spicca l’istituto del trust e il suo utilizzo nella successione aziendale.
Il difficile compito dell’imprenditore che si accinge a programmare il delicato processo del passaggio del testimone è quello di cercare un equilibrio tra gli interessi dell’azienda, da un lato, e gli interessi familiari, dall’altro. Nell’affrontare il passaggio generazionale in un’impresa, l’istituto del trust spicca, grazie al suo elevato grado di flessibilità, come il più adatto ad essere modellato taylor made sulle esigenze specifiche dell’ imprenditore. A confronto del trust gli strumenti precedentemente utilizzati: la divisione delle partecipazioni tra nuda proprietà ed usufrutto o la creazione di una società holding, mostrano limiti enormi e soprattutto non offrono soluzioni definitive alla questione.
L’inadeguatezza di questi istituti risulta chiara da una breve analisi delle più comuni problematiche che possono sorgere per l’imprenditore e delle modalità con le quali il trust può, invece, rivelarsi una risorsa decisiva.
Primo Esempio
Lo schema applicativo più semplice vede l’imprenditore-disponente trasferire nel trust la proprietà dell’azienda e nominare un manager che la amministri, destinando gli utili al nucleo familiare, fino a che il trust non termina e la proprietà viene trasferita ai figli, che sono i beneficiari del trust. Il termine del trust può essere individuato in una data specifica (ad esempio, il 3 gennaio 2020 o il diciottesimo compleanno del primogenito), o in una data variabile legata ad un avvenimento particolare (come può essere la morte del disponente o la laurea di un figlio).
Secondo Esempio
Un altro caso molto comune è quello in cui l’imprenditore con più figli voglia mantenere l’unitarietà della gestione senza però privare nessun erede della ricchezza aziendale. Diventa, infatti, molto rilevante, con il passare delle generazioni, il problema della deriva generazionale, ovvero la progressiva crescita del numero di soci facenti parte della famiglia, con l’aumento dei rami familiari. Questa situazione indebolisce il senso di appartenenza alla cultura imprenditoriale familiare. Tramite l’utilizzo del trust, invece, l’imprenditore può conferire il pacchetto di controllo dell’impresa sotto il controllo di un trustee qualificato che nomini secondo criteri stabiliti dallo stesso disponente i manager aziendali (non necessariamente facenti parte della famiglia), ma distribuisca gli utili a tutti i membri della famiglia. Il trust, anche in questo caso, si dimostra estremamente più flessibile e meno caro rispetto, ad esempio, al vecchio sistema della società in accomandita.
Diamo ora uno sguardo alla leva fiscale che il trust garantisce, oltre alla ordinata gestione successoria appena illustrata.
Nel caso di trasferimento dell’azienda in trust, la costituzione del vincolo di destinazione, qualora sia strumentale alla finalità liberale del passaggio generazionale ai discendenti o al coniuge del disponente (il cosiddetto settlor), potrà godere dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, purchè siano soddisfatte le specifiche condizioni prescritte dalla norma (l’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990).
Nello specifico, per quanto attiene al trasferimento d’azienda nell’ambito del nucleo familiare, l’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990, prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per i trasferimenti di aziende o delle partecipazioni (mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359 c.c.), in presenza di determinate condizioni. In particolare, è necessario che:
- i destinatari del trasferimento siano il coniuge o i discendenti;
- i destinatari del trasferimento d’azienda, o della partecipazione in società, proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o mantengano il controllo societario (nel caso di società di capitali) per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento;
- l’impegno alla prosecuzione dell’attività di impresa (o al mantenimento del controllo) sia espressamente reso dagli aventi causa, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione.
Dobbiamo ricordare che la finalità dell’articolo 3, comma 4-ter, è quella di favorire, attraverso la leva fiscale, il passaggio generazionale delle aziende di famiglia.
Tale esenzione viene applicata anche nel caso in cui i trasferimenti siano posti in essere mediante l’istituzione di un trust, così come affermato dalla stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 48/E del 2007.
In questa prospettiva, anche nel caso di trasferimento dell’azienda in trust la costituzione del vincolo di destinazione, qualora sia strumentale alla finalità liberale del passaggio generazionale ai discendenti o al coniuge del disponente, potrà godere, soddisfatte le condizioni normativamente previste di seguito elencate:
- il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula dell’atto di disposizione segregativa della partecipazione di controllo o dell’azienda;
- i beneficiari finali siano discendenti e/o coniuge del disponente;
- il trust non sia discrezionale o revocabile, vale a dire, ad esempio, che non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
- il trustee prosegua l’esercizio dell’attività d’impresa o detenga il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento (individuabile nell’atto segregativo dell’azienda e/o delle partecipazioni) e, a tal fine, renda, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione circa la sua volontà di proseguire l’attività di impresa (o detenere il controllo).
Concludendo l’istituto del trust si candida ad essere uno strumento innovativo ed estremamente efficace per la gestione del passaggio generazionale in azienda, beneficando inoltre di tutte le esenzioni fiscali previste nell’art 3 comma 4-ter.
Ringraziando per la cortese attenzione, restiamo a Vostra completa disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento.